L'
Ovodonazione consiste nel prelevare ovociti da una donatrice e fecondarli in laboratorio con il seme del partner della coppia tramite la tecnica di fecondazione in vitro (Fivet/ICSI).
Esistono coppie per le quali la probabilità di ottenere una gravidanza utilizzando i propri ovociti sono scarse o inesistenti. Questo succede nei casi di menopausa precoce (quando gli ovociti sono esauriti) nei casi di perimenopausa (quando la qualità degli ovociti prodotti risulta compromessa) o quando la donna è portatrice di un’alterazione genetica o cromosomica.
La migliore soluzione in questo caso è utilizzare ovociti di una donatrice, che presenti caratteristiche compatibili con quelle della ricevente, in un ciclo di Fecondazione in Vitro.
Dopo la Sentenza della Corte Costituzionale n.162/2014 tale tecnica è nuovamente praticabile anche in Italia presso tutti i centri autorizzati, tra i quali il Centro ONE DAY.
La tecnica in sè non presenta particolare invasività. L’endometrio della paziente va preparato ad accettare gli embrioni mediante una terapia estroprogestinica, che mima quanto avviene normalmente durante un ciclo ovulatorio. Nel momento in cui gli embrioni si rendono disponibili, vengono trasferiti nell’utero della ricevente che continua la terapia ormonale di sostegno fino al terzo mese di gravidanza.
Le donne che scelgono di donare i propri ovociti lo fanno in maniera altruistica, volontaria ed anonima. Vale a dire che non è possibile avere informazioni circa l’identità della donna che dona ovociti, così come risulta impossibile per la donatrice conoscere il destino dei propri ovociti. Le donatrici sono donne maggiorenni, di età non superiore ai 35 anni, e sono ammesse alla donazione solo dopo un iter che prevede valutazioni psicologiche, genetiche e cliniche che accertino che le donatrice non presenti alcuna malattia che possa essere trasmessa alla discendenza o alla paziente che riceve gli ovociti. Ciò nonostante va chiarito che risulta impossibile diagnosticare e valutare tutte le patologie genetiche di cui risultasse eventualmente affetto il donatore e che il rischio di malattie e anomalie congenite nella prole risulta sovrapponibile a quello della popolazione generale.